Di
cosa ci parla la mobilitazione contro la riduzione delle
specializzazioni
Alla
vigilia delle immatricolazioni una delle facoltà più ambite è
certamente quella di Medicina e Chirurgia, inizio di un percorso
ampiamente pubblicizzato come sicuro ascensore sociale per chi è
disposto a impegnarsi nella agguerrita competizione dei test di
ingresso, in ritmi di studio e lavoro frenetici per periodi che
facilmente vanno oltre i dieci anni, magari indebitandosi per pagare
i costi sempre crescenti dello studio universitario (affitto, libri,
trasporti etc.).
Tuttavia
questo senso comune cade a pezzi di fronte alla realtà dei fatti: a
causa della riduzione degli accessi alla specializzazione dei 10mila
laureati annui meno della metà potranno accedere alle scuole di
specializzazione e quindi ambire a lavorare nel SSN in un ospedale o
come medico di medicina generale.
Per tutti gli altri la prospettiva è quella di rimanere in un limbo
più o meno lungo fatto di precarietà
e contratti a termine o a chiamata.
Per
questa ragione la Facoltà di Medicina a Pisa in questi giorni vede
una attivazione anomala. Diverse
decine di studenti e neolaureati sono scesi martedì in piazza per
contestare la riduzione delle specializzazioni
ed in particolare le scelte politiche che stanno dietro a questa
riduzione.
Questi
tagli alla formazione medica specialistica arrivano in un contesto in
cui decine di migliaia di medici della vecchia generazione andranno
in pensione, ma non saranno rimpiazzati per la mancanza di medici
specializzati a causa della mancanza di posti e borse alle scuole di
specializzazione. Tutto questo determinerà nel corso di alcuni anni
una massiccia carenza di medici, preludio nei fatti ad uno scadimento
di tutto il comparto sanitario pubblico,
in nome di una "compressione della spesa pubblica" imposta
dalle politiche di austerità dei recenti governi.
Questa
aggressione generalizzata al diritto alla salute di tutti si traduce
sulla vita dei futuri medici in una sconcertante e illogica
programmazione
dello spreco della formazione universitaria,
in barba anche a qualsiasi logica meritocratica. Superare lo scoglio
del numero chiuso non garantisce più alcuna certezza. Ecco alcuni
dati: per
il 2014 sono previsti circa 9000 accessi alle facoltà di medicina ma
solo 3500 specializzazioni
(qualche anno fa gli specializzandi arrivavano a 7000 su 10 mila
accessi).
Analogamente
a quanto già si verifica per il settore umanistico e il collocamento
dei futuri insegnanti, anche per l'area medica lo Stato, rigettando
la possibilità di riassorbire una forza lavoro altamente qualificata
nel settore pubblico, configura l'università
come una grossa macchina contro di noi
funzionale a svalutare competenze costate care: reddito, sacrifici,
impegno.
Queste
scelte politiche non rispondono alla dura necessità imposta da una
domanda limitata. La domanda sociale di salute è anzi per
definizione illimitata ma le risorse finanziarie vengono impiegate in
direzione diametralmente opposta: dai 400 milioni di euro di
finanziamento ai policlinici privati della legge di stabilità ai
miliardi di euro per i caccia F35 o per il TAV Torino-Lione. Si
tratta dunque di dar forza a questa domanda contrastando la
distruzione delle capacità per le quali ci formiamo. A partire
dalla mobilitazione di questi giorni a Medicina e dalla partecipata
manifestazione di martedì si tratta di allargare, magari già
dall'assemblea d'Ateneo del 10 di aprile, una lotta per il riscatto
di capacità e professionalità ad altri pezzi di università.
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