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lunedì 22 febbraio 2016

Quello che il Ministro e la ricercatrice hanno Cancellato

Una ricercatrice italiana, Roberta d'Alessandro, ordinaria di linguistica in Olanda, sbotta qualche giorno fa contro la Ministra Giannini che si complimentava per i successi della ricerca italiana. La D'Alessandro, vincitrice di un fondo di ricerca europeo (ERC), puntualizza: qui si parla di ricerca di italiani, non italiana; ricerca di italiani fatta all'estero perché in Italia le porte ci sono chiuse e la Ministra ne è corresponsabile. Scoppia la polemica. Arriva la trasmissione Piazza Pulita. Si accoda anche il giornalista Cancellato, direttore del giornale on-line Linkiesta, che punta il dito contro la ricercatrice: “cara Roberta, se la ricerca in Italia fa schifo la colpa è anche un po' tua, perché hai preferito la fuga alla lotta”. A chiudere il cerchio un risentito Renzi borbotta: "Se volete andare all'estero fatelo. Se pensate che sia meglio, fatelo. Ma noi faremo dei nostri istituti i luoghi al top del livello mondiale, faremo dell'Italia un centro capace di attrarre ricercatori italiani e di tutto il mondo". La mission Italia è affare per veri duri, inadatta alla codardia dei 'cervelli in fuga'.

Un punto di vista interno ai movimenti, ben esemplificato nel contributo di Exploit Pisa, protesta: “di lotte contro lo sfacelo dell'università e contro la precarietà ce ne sono state parecchie negli ultimi anni”. Ma... stiamo parlando esattamente della stessa cosa? Nella querelle d'Alessandro - Giannini parliamo delle macerie dell'università o ci stiamo confrontando con il piano della sua ristrutturazione, con alcuni suoi tratti di modernità capitalistica? I fatti al centro della polemica parlano dell'integrazione negli standard europei di promozione della ricerca e di promozione del ricercatore attraverso la ricerca.
Si parla di università, formazione e ricerca. Ma c'è tanto di rimosso in questa vicenda.

lunedì 1 febbraio 2016

D.A.Spo di piazza: pericolosità sociale e giuridica del suo utilizzo


Gennaio 2016: a due mesi dalla vicenda del corteo-antilega a Pisa il 14 novembre 2015 (leggere qui per una versione dettagliata dei fatti), 6 partecipanti al suddetto corteo hanno ricevuto notifica di D.A.Spo emessa nei loro confronti da parte della questura pisana. Non noto ai più, e di difficile qualificazione/collocazione normativa, il D.a.Spo preventivo altro non è che un divieto di partecipazione a manifestazioni sportive, disposto nei confronti di soggetti di cui viene rilevata la cosiddetta “pericolosità sociale.” Sembrerebbe chiaro a chiunque che notificare un D.a.Spo a seguito di una manifestazione che nulla ha a che vedere con lo Sport sia legalmente alquanto debole e piuttosto artificioso, ma un’analisi più profonda della disciplina mette in risalto come l’intero assetto legislativo dei D.a.Spo (e delle misure di prevenzione in genere) favorisca un uso di questi ultimi ampiamente arbitrario. Qual è quindi il senso profondo di un provvedimento simile in simili circostanze? Dobbiamo prima aver chiara, a scanso di equivoci, la natura “ibrida” del Divieto, alla luce della disciplina attuale in Italia (ultimo intervento sulla legge originaria del 1989: decreto legge convertito in legge, 2014).


Cos'è un D.a.Spo?

Intanto diciamo genericamente che si tratta di un provvedimento disposto dal questore nei confronti di un soggetto al ricorrere di determinati presupposti.
Il contenuto del provvedimento può essere di due tipi:
- divieto di accedere alle manifestazioni sportive
- divieto di cui sopra e in più obbligo di comparizione nell’ufficio o comando di polizia una o più volte al giorno, nei giorni in cui si svolgono le manifestazioni sportive.
La seconda ipotesi (divieto e obbligo di comparizione) è stata considerata una limitazione della libertà personale e, come tale, è corredata dalle garanzie sancite all’articolo 13 della Costituzione: la legge sul daspo prevede un procedimento di convalida che coinvolge in prima battuta il PM ed in seconda battuta il GIP, il tutto entro 48 ore. Questo è il tipico procedimento che si ha tutte le volte in cui la libertà personale non è limitata in prima battuta da un giudice ma dalle autorità di pubblica sicurezza. I D.A.Spo emessi in relazione alla manifestazione del 14 novembre, rientrano nella prima ipotesi, che non prevede un procedimento di convalida di questo tipo (48 ore) in quanto non è considerata una limitazione della libertà personale. Si tratta invece di una limitazione della libertà di circolazione (ci rifacciamo qui ad un diverso articolo della Costituzione: art. 16).