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venerdì 20 novembre 2015

Ho gli occhi pesanti a forza di immaginare



Pubblichiamo il contributo di una compagna e studentessa Unipi ora iscritta a Parigi. Una riflessione che parte dai fatti drammatici dello scorso fine settimana a Parigi per inserirli in un contesto più ampio che affronti la problematica della guerra e di cosa questa significhi per noi.  

“Ho gli occhi pesanti a forza di immaginare”   
(F. Pessoa)


Un po’ ingenuo e autoreferenziale e sentimentalista partire dall’esperienza personale per provare a riflettere su questo mondo in cui siamo immersi, fino al collo.
Ma è l’unico modo che ho in questi giorni non di facile lettura per elaborare la consapevolezza di “grondare sangue senza accorgersene”, che sì, forse fino ad ora non aveva ancora assunto questo gusto così amaro. Da un lato, amaro per il sentirsi inevitabilmente in contraddizione, e dall’altro egoisticamente e ciecamente amaro per le concrete conseguenze sulla propria vita. 

Se gli sbirri arrivano correndo a chiuderti dentro un bar dove sei a bere il tuo terzo pastis e la tua reazione, come quella di tutti, è stata continuare a bere il tuo terzo pastis, senza pensare a un attacco di tale portata, perchè sì al massimo c’è stata una sparatoria. Se poi prendi la metro una fermata un po’ più in là perchè si sa, quando succedono queste cose è meglio evitare di prendere la metro, ma a quel punto il tuo telefono non smette di squillare perchè anche se in questa città non ti senti a casa in realtà casa tua è dietro l’angolo e siamo tutti collegati, non solo virtualmente. Se mentre torni a casa il sabato sera la polizia ha chiuso la strada che percorri tutte le mattine e poi capisci che lì era stata parcheggiata quella macchina, quella dove vengono ritrovati i kalashnikov. Se tutti, in una di quelle globali catene di sant’Antonio, hanno almeno un conoscente, un amico, un fratello, una sorella, che è stato colpito più o meno in prima persona e più o meno invasivamente. Se i primi due provvedimenti presi sono la chiusura delle frontiere e la proclamazione dello stato di emergenza. 

giovedì 12 novembre 2015

Utilitarie ed università, Giannini e il fantamondo del PD

Qualche giorno fa la ministra dell’istruzione Giannini è intervenuta al Deloitte Strategy Council a Roma, le sue dichiarazioni ha dell’imbarazzante. Parte dall’evidenza che l’istruzione e l’università non siano più un ascensore sociale, come dimostra anche l’ultimo studio dell’Università Cattolica di Milano sui Neet. Il numero dei giovani che non studia e non lavora è passato da 1.8 milioni del 2008 a 2.4 milioni di quest’anno. La percentuale dei laureti neet è il 10% del totale, in continua crescita negli anni. Il 16% della popolazione italiana si trova in questa condizione, uno tra i primi paesi in Europa. Le classifiche in cui eccelle l’Italia non sono solo quelle dei neet ma anche quelle della tassazione universitaria. Il rapporto annuale di Euridyce “NationalStudent Fee and Support System in European Higher Education2015/2016” afferma che in media uno studente spende (solo di tasse) 1220€ all’anno, conquistando la terza posizione in classifica.
“E’ uno stereotipo dire che nella scuola si investe troppo poco e costa tanto. Un’auto utilitaria oggi costa tra i 10 e i 12 mila euro, iscriversi a un corso di laurea triennale alla Sapienza di Roma costa molto meno”, così dice la Giannini.