Un
articolo a quattro colonne sul Tirreno di ieri traccia un bilancio in
itinere del mandato Augello alla guida dell'ateneo pisano:
mettere in vendita il patrimonio pubblico di UniPi per salvare la
baracca. Sì, perché la stretta finanziaria post riforma ha
obbligato le politiche degli atenei orientarsi nel verso di una
ragioneria che abbia come priorità il galleggiamento di una macchina
che necessita di risorse finanziarie per funzionare. Ma questo è il
già noto e se lo considerassimo come una condizione oggettiva
parleremmo delle “ragionevoli soluzioni” della governance
d'ateneo come quella, appunto, di vendere per sopravvivere o per
recuperare risorse da reinvestire. Il punto è però che questa non è
una condizione oggettiva ma determinata da interessi diversi e in
conflitto tra loro. Presentarla così significa mascherare lo scontro
in atto a tutto vantaggio di una semplificazione che vorrebbe
riconciliarci con chi ci priva di possibilità e risorse che ci
permettano di vivere quest'università per i nostri fini.
Venerdì
8 agosto il rettore Augello ha fatto sgomberare gli studenti delloStudentato Autogestito Spot che avevano occupato Palazzo Feroci, uno
stabile dell'Università di Pisa in via della Faggiola. Il futuro di
Palazzo Feroci futuro figura nei piani d'alienazione del patrimonio
d'ateneo come permuta per i lavori di ampliamento dell'ala
universitaria dell'ospedale di Cisanello. Da aprile 2013, quando Spot
venne occupato, l'università ha sempre chiuso in via di principio
qualsiasi confronto su impegni fattuali da assumersi in merito al
problema posto dagli studenti: il costo proibitivo degli affitti e
l'inarrestabile svendita di un patrimonio pubblico altrimenti
utilizzabile per le esigenze di una fetta di città, giovanile e
studentesca, che afferma il proprio diritto a voler continuare gli
studi. I “fini istituzionali” dietro i quali Augello si è
trincerato per giustificare una mancanza politica rivelano una
direzione ben precisa e contraria ai nostri interessi di studenti.
Augello è come se dicesse: i fini complessivi del sistema
universitario sono in realtà organizzati contro di voi perché i
“principi generali della legislazione vigente” e le scelte
politiche in accordo con questa, operano contro la possibilità di
soddisfare per voi – voi che non avete la possibilità di
decidere perché state in basso e di quest'università siete al
massimo degli utenti - “lo sviluppo e la trasmissione delle
conoscenze”.
Pertanto
lo sgombero di palazzo Feroci, oltre ad aggravare la situazione di
emergenza abitativa in città, ha confermato una tendenza che vede
drenare dal basso – sottraendole alle disponibilità collettive -
le risorse che dall'alto non vengono più erogate. Questo al fine
di mantenere una macchina universitaria che lavora per comprimere i
bisogni, le pretese e le aspettative dei segmenti sociali più
deboli: un fine non certo neutro come vorrebbe esser fatto passare,
ma un fine di parte, quella dei vertici accademici che invece di
sottrarsi al proprio ruolo, aprendo a un conflitto verso l'alto dove
viene negata la riproduzione del sistema università, preferiscono
esercitare lo scontro verso il basso, contro di noi.
Così
procede la campagna “fuori tutto” di Augello: appartamenti,
poderi, palazzi... tutto finisce all'asta. Ma anche il mercato sembra
saturo e assorbire questa offerta non è così facile. Così di asta
in asta il valore degli immobili pubblici si deprezza, letteralmente
svendendo un patrimonio collettivo altrimenti utilizzabile per i
bisogni studenteschi. Sicure restano solo le cosiddette “alienazioni
ancorate”, quelle cessioni, spesso in forma di permuta, programmate
per finanziare obiettivi specifici e ovviamente per favorire i
costruttori e i vincitori degli appalti relativi.
L'articolo
del Tirreno riserva però un'ulteriore beffa. Nel box sulla destra
viene spiegato per quali scopi vengano impiegate le risorse così
recuperate. Viene rilanciato in pompa magna il progetto – fermo da
quasi un anno - dell'inaugurazione della foresteria per visiting
professors nella porzione dell'ex convento delle Benedettine sul
lungarno acquistato dall'Università per 15 milioni dal noto
immobiliarista Madonna. Il 10 aprile di quest'anno la foresteria -
perfettamente servibile come foresteria per studenti in emergenza
abitativa – è stata occupata temporaneamente dagli studenti
riuniti in assemblea d'ateneo. Abbiamo visto compiersi una parabola
perfetta: le risorse sottratte a noi studenti nella svendita degli
immobili pubblici vengono ricapitalizzate investendo su nuovi
progetti ideati contro i nostri bisogni. La foresteria sarà
inaccessibile agli studenti, sottoutilizzata e servirà solo a
quotare un'immagine di finta competitività dell'ateneo pisano sul
mercato internazionale del sapere (a proposito, ci preme informare
Augello che quell'oracolo del Ranking di Shangai nel quale riponeva
tanto credito ha retrocesso l'università di Pisa di 50 posizioni
quest'anno). Mentre chiudono corsi di laurea, mancano i soldi per
assumere docenti e gli insegnamenti vengono soppressi a decine
spendere 15 milioni in una foresteria per professori è la strategia
di Augello per colmare il gap con i marchi che contano: Harvard,
Cambridge... e ci viene da dire anche Hogwarts visto che ad Harvard
sembra non esistere niente di tutto ciò (sì forse era solo una
suggestione da cinema...). Questione di priorità evidentemente...
Ma le
nostre priorità sono altre. Non accettiamo questo gioco che vorrebbe
farci credere di stare tutti su una stessa barca quando ogni volta ci
vengono rifilati questi schiaffi: alla rapina del nostro futuro
affiancano l'umiliazione di cancellare un'istanza sociale non
rimandabile come quella del diritto all'abitare studentesco
investendo in progetti diretti a una valorizzazione di quel nostro
strumento che è l'università assolutamente contraria alle nostre
esigenze. Ora pretendiamo di decidere noi di questi spazi che ci
appartengono. L'avevamo scritto subito dopo lo sgombero di Spot: un
problema socialmente radicato, se non viene risolto contrastando le
condizioni profonde della sua insorgenza, non potrà che riproporsi
in altre forme, con rinnovate forze pronte a costruire nuove
soluzioni e aggredendo nuovi obbiettivi. L'emergenza abitativa
studentesca in città non sparisce sotto il tappeto. Permane e pone
delle condizioni perché si allarga come comune condizione di giovani
che, nonostante tutte le difficoltà, sono bene intenzionati a
conquistarsi spazi di autonomia e crescita per il proprio futuro,
anche e ancora dentro l'università, fosse pure a costo di lottare
per strapparli incrinando la forma che questa istituzione ha assunto.
La governance,
a tutti i livelli, sa che a questo confronto non potrà sottrarsi
all'infinito. Siamo intenzionati a poter decidere anche noi.
Chi
valuta cosa sia essenziale e in base a quali esigenze? Quali
interessi vogliamo pesino di più in questa università e di chi? Chi
decide delle risorse? Chi può e chi non può? Queste sono le
questioni che non potranno essere eluse, quelle che pretendono una
risposta politica, a partire dalla vostra inaugurazione delle nostre
Benedettine.
Collettivo
Universitario Autonomo - Pisa