CE N'EST QU'UN DEBUT... CONTINUONS LE COMBAT!

venerdì 30 maggio 2014

#iorestofinoal31: come sappiamo vincere!

Ieri si è tenuta al campus I Praticelli un'assemblea tra gli alloggiati nella struttura e i dirigenti del DSU.
La discussione è stata incentrata soprattutto sui disagi dati dalla decisione del diritto allo studio di far lasciare la stanza aglistudenti il 24 luglio, anziché il 31, come il bando stabilisce. Questo per far spazio al progetto TUO, che permette agli studenti delle scuole superiori di vivere una settimana da “universitari”, alloggiando e mangiando nelle case dello studente e seguendo lezioni di orientamento.

Erano presenti alla discussione il direttore Vicini, la responsabile alle residenza Beltrami e la responsabile delle residenze pisane Lacerra. Il dibattito è stato molto acceso, non ci siamo fatti abbindolare dalle solite retoriche della governance toscana: dobbiamo collaborare, i nostri interessi sono gli stessi e altre pietose retoriche...
Come assemblea di studenti abbiamo subito mostrato insofferenza verso l'ennesimo abuso del DSU. In questo campus gli studenti dei blocchi giallo e verde ogni anno devono sgomberare le proprie stanze nel mese di agosto, per far spazio ai fruitori della foresteria. I proventi, dice il Vicini, vengono investiti nelle residenze, ma nella realtà queste letteralmente “cadono a pezzi”.

Sempre più infastiditi dalle retoriche da “campagna elettorale” abbiamo ribadito che non andremo via prima del 31 luglio, non collaboreremo alle politiche di immagine del DSU a nostre spese, rischiando di perdere la borsa di studio dovendo traslocare in periodo di esami. Una studentessa accusa “voi mi venite incontro se non faccio i crediti per mantenere la borsa?! Regalatemene 1, questo è collaborare!”.
I millantati rapporti di collaborazione sono stati subito smascherati per quello che sono: tentativi di scardinare il diritto allo studio in maniera “partecipata” e “collaborativa”, perché i regolamenti sono validi solo per gli studenti, mai per i dirigenti.
Il progetto Tuo viene inserito nelle politiche di marketing del DSU, ma gli studenti che si iscrivono nell'ateneo pisano pensando di trovare quello che hanno visto nella settimana di presentazione vengono delusi. Una studentessa borsista del primo anno chiede “posso partecipare anch'io al progetto TUO, sono sei mesi che aspetto la casa dello studente e ancora non l'ho vista”, il direttore Vicini rimane spiazzato dalla realtà che gli viene sbattuta in faccia, al di là di retoriche e discorsi collaborativi. “Il contributo affitto che mi date non copre neanche mezza mensilità, Lei non lo sa cosa significa pagare un affitto che non ci si può permettere quando dovresti avere per diritto un alloggio gratuito per poter studiare tranquillamente”, le risposte sono sempre le stesse da anni: costruzione della San Cataldo, ristrutturazione Paradisa, apertura di via Da Buti e Santa Croce in Fossabanda... ma i borsisti in attesa devono sempre pagarsi l'affitto di tasca loro, mentre aspettano.
Gli alloggiati nel campus usano la mobilità interna per fuggire dai blocchi verde e giallo per evitare i traslochi e quest'anno la “minaccia” è stata estesa a tutti, anche ai vincitori di borsa semestrale che ora stanno nella struttura a titolo oneroso (165€ al mese). Per questo motivo la campagna di autoriduzione dell'affitto nelle case dello studente si sta estendendo a varie strutture.

No, non c'è nessuna collaborazione possibile, il diritto allo studio porta avanti le sue priorità a scapito dei nostri diritti, anzi il direttore Vicini si presenta come un filantropo che ci aiuta per “beneficenza”, e ci invita ad accontentarci perché nelle altre regioni “le cose vanno peggio”. Lui, come gli altri dirigenti, amministra le risorse pubbliche per lavoro (guadagnando circa 130,000€ annui), e lo fa male visti i migliaia di esclusi, le condizioni delle case e delle mense.

La campagna #iorestosinoal31 è vincente, non ce ne andremo dalla nostra casa e non ci faremo intimorire. Ogni giorno dobbiamo faticare per tenere la borsa e vivere la nostra vita da universitari con il pensiero opprimente di perderla, e con essa la possibilità di stare in questa città a studiare e formarci.

Uniti riusciamo a strappare risultati e ad opporci alle favole dell'azienda che ci vuole far credere che “siamo tutti nella stessa barca”, ma sappiamo che non è così.