A inizio febbraio è stato siglato in Prefettura un accordo che 
intende delegare ai volontari dell'associazione Amici dei Musei di Pisa 
il monitoraggio dei Beni Artistici di questa città, oltre a interventi 
di «minuta manutenzione» (!?). Il pubblico scarica le proprie 
responsabilità su lavoro non retribuito e non qualificato. D'altra parte
 l'odioso tentativo di far lavorare gratis o gravemente sottopagati 
sembra caratterizzare la governance cittadina come quella nazionale: ne 
sono esempi la proposta di Renzi di impiegare cassaintegrati nelle 
biblioteche, o quella di  Marino di impiegare senza-tetto, o la grande 
presa per il culo dell'Expo 2015, o ancora la vergognosa 
istituzionalizzazione del più bieco sfruttamento chiamata Job Act.
L'accordo
 assume  tratti inquietanti: alla FIDAM (Federazione Italiana Degli 
Amici dei Musei) aderiscono 40mila volontari in tutta Italia. Una 
massificazione del modello proposto a Pisa significherebbe la completa 
sostituzione degli operatori professionali stipendiati con forza-lavoro 
gratuita, svalutando il titolo di studio e le professionalità ad esso 
associate. Questa ipotesi approfondisce una tendenza che vede comprimere
 la redistribuzione reddituale nell'ambito dei servizi di competenza 
pubblica con il taglio delle risorse e l'imposizione del lavoro 
gratuito. Allo stesso tempo capacità e competenze, pagate a prezzo di 
duri sacrifici nell'affrontare gli studi, vengono disperse e bruciate, 
andando a configurare una bolla formativa destinata ad esplodere.
 

 


