Entrambi
i libri partono da un preciso metodo di scrittura e analisi della
realtà, quello della socioanalisi narrativa. Entrambi i testi
prendono in considerazione il problema politico intrinseco alla
pratica della medicina, intesa come scienza del potere, ossia quello
dei rapporti di forza che si producono all'interno di questa pratica.
Nella
nostra città è più volte sorta l'esigenza di creare
collettivamente degli strumenti per ribaltare questa subalternità,
per costruire tra utenti e operatori una pratica di sovversione di
questi dispositivi escludenti ed impoverenti. Questo dibattito sarà
un primo passo per porre in pratica nuova concezione di medicina e
salute.
Cos'è
il metodo della socioanalisi narrativa?
Questo
metodo si sviluppa all'interno dell'editoria sociale della casa
editrice Sensibili alle Foglie. È in laboratorio di ricerca sociale
che si è sviluppato in primo luogo all'interno delle carceri, per
poi esplorare altri ambienti: istituti psichiatrici e per anziani,
ospedali, luoghi di lavoro, fenomeni migratori. Alcuni degli attori
che attraversano queste istituzioni vivono situazioni di malessere
all'interno di esse. A partire da questa situazione emotiva di
malessere si sviluppano i racconti, che si riuniscono attorno a un
racconto comune di decostruzione del mito narrativo e
dell'immaginario sociale che aleggia intorno all'istituzione. Tutte
le narrazioni partono da una spinta interna di chi vive il contesto
che produce l'insofferenza ma che allo stesso modo riesce a produrre
un ambito collettivo in cui produrre una nuova narrazione
dell'istituzione.
Il
dispositivo di ricerca di gruppo (che non è la ricerca sociologica
delle accademie) nasce da una tensione istituente la cui unica regola
è il racconto della propria storia, intersecandola e scambiandola
con le narrazioni altrui. Storie e narrazioni che sono esperienze di
vita e dunque di conoscenza e
creazione di legami.
Il lavoro collettivo non è una raccolta di biografie ma una ricerca
collettiva di quei dispositivi istituzionali a cui le storie
rimandano: le narrazioni sono l'emblematizzazione dei meccanismi
istituzionali che producono insofferenza.
A questa parte narrativa ne segue una riflessiva e immaginativa sulla
modificazione dei dispositivi istituzionali analizzati.
Questi momenti del metodo socioanalitico non sono separati e
conseguenziali ma si compenetrano a vicenda e aprono da subito ad una
prospettiva di modificazione della realtà e dell'istituzione.
Cosa accade nel mondo medico?
Il mondo medico, durante la formazione e nel rapporto medico
paziente, elimina la persona a favore della malattia. Questo modello
bioriduzionistico fa sparire la soggettività e la dignità del
paziente a favore di un'analisi frammentaria e frammentata
dell'organismo.
All'interno di questo modello pratico sono ben determinate le
gerarchie degli operatori e nonostante un'enfasi intorno al discorso
d' equipe la realtà della pratica medica rispecchia il
contrario.
Le relazioni di potere sono totalmente determinate dal medico, da ciò
che riguarda una riflessione intorno ai determinanti sociali della
malattia, alle relazioni di cura e medico-paziente. Per riuscire a
spostare i rapporti di forza di questa relazione occorre partire
dalla soggettività del paziente, dalla sua conoscenza e dal suo
sapere intorno al proprio corpo e alla propria malattia. Questo è il
progetto dell' Università popolare della Salute, portato avanti dal gruppo Medici senza Camice, nata da poco a
Roma: decostruire e togliere il sapere medico dalle mani esclusive
dei medici.
..e nella psichiatria?
La pratica elettroconvulsivante
nasce ufficialmente nel 1938 quando Ugo Cerletti fece il primo
esperimento di elettroshock su un uomo, da allora un percorso tutto
in discesa sino ad ora. È opinione comune pensare a questa pratica
come qualcosa di obsoleto ma la realtà che è oggi la TEC (il cambio
continuo di nominativo è parte integrante di quel dispositivo
mistificante di rinnovamento e ricollocamento della pratica) è un
intervento chirurgico ampiamente praticato in tutto in mondo.
L'unico periodo in cui questa pratica fu archiviata furono gli anni
Settanta, sulla pressione delle contestazione e delle critiche alle
istituzioni psichiatriche a manicomiali. Negli anni Ottanta, in
particolare negli Stati Uniti, questa pratica è ritornata uso comune
in quanto integrata nel piano delle assicurazioni sanitarie. In
Italia dagli anni Novanta la pratica tornò in auge. I comitati
bioetici svolgono una funzione di contenimento riducendo il problema
ad una questione di consenso informato, non cogliendo il problema
politico e sociale presente dietro questa pratica inferta soprattutto
a persone socialmente deboli o da marginalizzare (donne, la maggior
parte incinte o in depressione post-partum; persone socialmente
emarginate). Il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud attraverso
un lavoro di raccolta di racconti ha individuato e decostruito i
dispositivi di potere insiti nella pratica.
Per approfondire:
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