Ci interessa esprimere un punto di vista autonomo sull'università, partendo dalle assemblee di (ex) facoltà svoltesi il 10 ottobre, affinchè si elabori un discorso comune forte - utile alla costruzione della prossima Assemblea di Ateneo - sullanecessità della ripresa del conflitto nel mondo della formazione.
All'assemblea tenuta al polo Fibonacci, la ricchezza degli interventi e la diversificata partecipazione dei soggetti che hanno preso parola (dalle matricole, ai “fuoricorso” fino alla figura sempre più presente dello studente-lavoratore) ha dimostrato un bisogno di discussione che è andato assolutamente oltre l'informazione della giornata di mobilitazione studentesca di venerdì 12 ottobre lanciata nazionalmente dai sindacati studenteschi. È emersa in quella sede una eterogenea composizione universitaria (sia di realtà organizzate sia di singoli studenti e precari) che si è appropriata di quello spazio per discutere, anche se in maniera caotica, su “come riprendere le lotte”, partendo immediatamente dalle esigenze concrete: gli spazi, le aule, il reddito, la precarietà, il ruolo delle istituzioni universitarie – a partire dalla gestione del “caso sapienza” - come parte del problema, e non della soluzione.
Le assemblee di Lettere e Scienze Politiche hanno avuto pochissima partecipazione: la poca pubblicizzazione (fino al giorno prima non si sapeva luogo ed ora) e la convocazione “centrata” sulla manifestazione del 12 ha prodotto per lo più un battibecco tra i differenti soggetti organizzati, bloccando la possibilità di discutere e di organizzare collettivamente le “nostre risposte” alla crisi dell'università ed alla continua espropriazione di reddito.
L'assemblea svolta ad Ingegneria è stata emblematica della disparità potenziale che si è palesata in queste prime assemblee tra la “ricchezza” della domanda di cambiamento da una parte, e la povertà e l'inadeguatezza delle forme di organizzazione di movimento dall'altra. Infatti una massiccia presenza, soprattutto di matricole e giovanissimi, è stata riscontrata fino alla fine dell'assemblea; segno di una soggettività in formazione – al pari delle altre facoltà scientifiche – che non vuole arrendersi all'immiserimento delle proprie condizioni né adeguarsi alla ristrutturazione aziendalistica dell'università. D'altra parte questa presenza non si è fatta protagonismo né organizzazione. Piuttosto è la modalità di conduzione dell'assemblea, fatta esclusivamente di slide, “spiegazioni” e di soli interventi programmati, a produrre “utenza” piuttosto che costruire mobilitazione collettiva .
C'è un bisogno di mettersi in gioco, accresciuto dall’agghiacciante svalorizzazione di tutto il mondo universitario, palpabile tutti i giorni, anche in quelle che sono le esigenze più materiali dello studente che vengono a mancare: aule strapiene che ci costringono a seguire lezioni dal corridoio, disservizi causati dalla cancellazione delle facoltà e il relativo caos su come e dove seguire determinati corsi, monetarizzazione del servizio mensa con le fasciazioni in base al reddito, borse di studio che vengono assegnate solo sotto il ricatto dello studio intensivo.