Ieri ennesima puntata dell'infinita telenovela su Fossabanda. La Conferenza Università e
Territorio si è un'altra volta riunita per decidere di
rinviare la decisione sull'acquisizione dell'albergo di Santa
Croce in Fossabanda da parte del DSU come residenza studentesca.
Esattamente come la precedente CUT rinviò al 14 ottobre la medesima
decisione, senza poi dare risposte, ed esattamente come giunte
fantasma e consigli comunali si sono ben guardate dal prendere una
posizione ufficiale sulla vicenda annunciando, però l'interesse e le
offerte di soggetti privati per l'acquisizione della struttura.
Su questa storia di
parole da marinai e false promesse vogliamo formulare una riflessione
in merito a due aspetti:
1) la natura di una
trattativa condotta solo su un piano istituzionale
2) la considerazione dei reali rapporti
di forza che determinano i reali interessi dei soggetti coinvolti
nella trattativa e il loro peso.
- Fossabanda, le CUT e le trattative... ma quali aspettative?
La partita sull'albergo di Santa Croce in Fossabanda e la sua
rivendicazione da parte dei movimenti studenteschi durante l'anno
scorso tra assemblee d'ateneo e occupazioni, riguarda, più in
generale una partita sull'appropriazione delle risorse pubbliche:
redistribuirle verso il basso, per soddisfare bisogni complessi e
urgenti della popolazione studentesca, quali l'abitare e il
mantenimento di condizioni di vita dignitose e libere dal ricatto
dell'affitto e del lavoro intermittente e sottopagato, oppure
valorizzarle verso l'altro, nel mercato immobiliare o a vantaggio di
soggetti investitori privati.
Qual'è lo spazio (o quale sarebbe stato) in cui giocare questa
partita?
Sicuramente quello in cui quei bisogni di parte studenteschi trovano
rappresentazione politica adeguata. Lo spazio istituzionale, al
di là del carattere filantropico che può essere proclamato dalla
mission di ciascun ente, risulta chiuso a queste istanze. Si
può affermare questo senza pregiudizio, avendone anzi riprova dal
fatto che la rivendicazione di Santa Croce in Fossabanda è stata
sollevata da movimenti sociali e studenteschi, quindi fuori dallo
spazio istituzionale, iniziando un braccio di ferro con il comune,
proprietario della struttura.
Come si è dispersa quella spinta?
Con la complicità di una rappresentanza studentesca incapace di
pesare la propria reale capacità di incidere sulla governance
prescindendo dalla costruzione di una forza sociale, la domanda su
Fossabanda è stata consegnata ai soli soggetti istituzionali, senza
la possibilità di far valere in quello spazio una rivendicazione di
parte. I rinvii, le prese per il culo, il mancato rispetto dei
termini di trattative unilateralmente dichiarate testimoniano a
chiare lettere che il problema non risiede in uno scarso
coordinamento di indirizzo degli enti pubblici che verrebbe
esemplificato dall'incapacità di pronunciarsi della Conferenza
Università e Territorio, ma in una manifesta estraneità di quello
spazio a quanto emerge in termini di bisogni nella popolazione
studentesca. I suoi tempi e le sue esigenze non rispettano i
tempi e le esigenze dell'emergenza abitativa studentesca in alcuna
maniera, anzi la ignorano.
Esigenze contrapposte
Come segnalammo anche dopo la CUT
di settembre si evidenzia una
“frattura tra la
valorizzazione del
pubblico a beneficio del privato dentro il mercato immobiliare CONTRO
la possibilità di accesso e riproduzione sociale della popolazione
giovanile in formazione sempre più privata di mezzi e risorse.”
Il quadro è polarizzato, gli interessi contrapposti. Cosa aspettarsi
allora? Non certo dei regali da chi può gestire indisturbato la
faccenda, mediando di volta in volta tra le esigenze di comune, DSU e
UniPi ma sempre nel contesto di interessi a noi contrapposti...
- Le reali volontà politiche degli enti istituzionali
Eppure una certa diffidenza era e sarebbe ben giustificata anche solo
considerando alcuni precedenti. Vogliamo passarne in rassegna alcuni
per ribadire come non sia più possibile fidarsi di promesse
aleatorie fatte sulla testa di migliaia di studenti senza alloggio o
in difficoltà economica e per provare a leggere le dinamiche che
definiscono il gioco degli interessi tra i soggetti istituzionali
sordi alle istanze studentesche.
Il
Comune tira la corda, alza il prezzo e fa il suo gioco
Dopo l'interesse dei magnati russi manifestato circa un anno fa,
l'assessore Serfogli ha di recente reso noto che altri soggetti
privati – ma con funzione sociale, ha dichiarato a mo' di
giustificazione - sono interessati a Santa Croce in Fossabanda.
L'assessore allunga i tempi e tira in ballo la concorrenza per alzare
l'offerta del DSU nel tentativo di approssimarla a un prezzo di
mercato. Il soggetto erogatore di welfare – il Diritto allo Studio
– viene usato di volta in volta dal Comune o come bancomat, come
nel contesto della trattativa su Fossabanda, o come erogatore di
welfare del privato, come accadde rispetto all'operazione Villa Madré
in cui il DSU avrebbe dovuto scambiare per pochi posti letto
sull'Aurelia il salvataggio di Condotte s.p.a.
Il
materasso DSU
Questa funzione del Diritto allo Studio non è nuova e anzi si
rinnova. La vicenda del project financing che portò alla costruzione
della residenza Praticelli sostenendo gli interessi del truffaldino
Consorzio Etruria - i cui vertici sono stati indagati per falso in
bilancio – continua sotto altre forme. Nell'ultimo consiglio di
amministrazione del DSU si è infatti deliberato che, per salvare dal
fallimento la società che gestisce la residenza, il DSU cederà
alla Praticelli s.p.a. un numero crescente di alloggi – 12 da
quest'anno fino ad arrivare a un totale di 60 – da affittare a
privati per rimpinguare le casse dissestate della società. Alla faccia dei
tamponi all'emergenza abitativa studentesca!
Se quindi la trattativa su Fossabanda dovesse concludersi con
l'acquisizione dell'ex convento da parte del DSU, ciò non
risolverebbe nulla in termini di risorse complessive destinate agli
studenti. Diciamo che al massimo si pareggerebbe il conto...
L'università e la logica dell'alta valorizzazione delle risorse
Dal canto suo l'ateneo si ripulisce il viso nello spazio della
Conferenza Università e Territorio. Qui sollecita gli altri enti a
fare la propria parte – ovvero ad accordarsi alle condizioni sopra
descritte - ma per suo conto non mette in campo alcuna soluzione
fattiva, sulla base delle risorse nelle sue disponibilità, per
ovviare alla situazione di diffusa emergenza abitativa dei suoi
studenti. Anzi, UniPi ha investito quasi 10 mln di euro per rilevare
dall'immobiliarista Madonna una porzione dell'ex Convento delle
Benedettine per trasformarlo poi, affidandolo a una cooperativa
vicina al partito al governo della città, in una foresteria di lusso
per visiting professors dove i posti letto vengono affittati agli
studenti per 500 euro al mese. Si tratta di una logica di alta
valorizzazione delle risorse, attente alle esigenze della
competitività dell'immagine dell'ateneo sul mercato internazionale
del sapere più che a quelle degli studenti dell'ateneo. Un vero
schiaffo in faccia alle migliaia di studenti che faticano a
mantenersi agli studi e trovare una sistemazione dignitosa in città.
Nel momento in cui a ogni impegno disatteso non si riesce a
contrapporre nulla più che una preghiera a tener viva una catena di
rinvii e promesse il quesito che vorremmo porci è il seguente: come
interrompiamo questa trattativa e le sue condizioni e li costringiamo
non a trattare tra di loro ma con noi studenti, con la nostra domanda
di parte e i nostri bisogni? Perché ancora, mentre ci impongono
di aspettare, pagare e sgobbare per studiare, noi di casa, risorse e
servizi non ne vediamo.