Breve report di Infoaut sulla 3
giorni di discussione, organizzazione e prospettive sulle "lotte contro
l'austerità per una nuova Europa".
Paris, 11-13 febbraio 2011
- La preparazione del meeting europeo di Parigi - Struggles against
austerity for a New Europe - partiva da un'assunzione: lo spazio
politico dei conflitti nella/sulla formazione è uno spazio europeo. Ce
l'hanno detto i movimenti che negli ultimi 5 anni hanno attraversato un
po' tutti i paesi dell'Unione. Il meeting di Parigi ci ha però detto e
mostrato qualcosa di più: che la doppia crisi in cui siamo calati – del
sistema capitalistico e dell'università come istituzione consacrata alla
produzione di saperi– è un dato di fatto globale.
Ne è stato riprova la composizione trans-nazionale di un meeting cui hanno partecipato centinaia di persone (più di 300 nelle plenarie di apertura e chiusura, diverse decine nei singoli tavoli e workshops in cui si sono articolati i lavori e le discussioni) impegnate in una discussione collettiva estremamente ricca e articolata, cifra delle differenti composizioni e provenienze. Un gran numero di delegazioni e singoli provenienti non solo dall'Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Spagna, Portogallo, Austria) ma anche da Perù, Argentina, Russia, Turchia, Cile, Ucraina, Giappone, Stati Uniti, Canada. Un'estensione geografica al di là di ogni aspettativa, segno del bisogno diffuso di un confronto transnazionale tra le diverse realtà di movimento che si trovano, nelle rispettive specificità nazionali, impegnate nel resistere all'austerità che i governi impongono per socializzare i costi di una crisi globale, scaricata verso il bassa attraverso declassamento e privatizzazione.
L'inizio dei lavori , previsto
per il venerdì pomeriggio, si era dovuto anticipare alla mattina, con
l'indizione di un presidio e di una conferenza stampa davanti
all'ambasciata tunisina, gesto simbolico per denunciare la
responsabilità -soprattutto francese- della mancata concessione del
visto agli studenti tunisini del movimento contro la dittatura e quelli
ghanesi del Pan-African Movement. Un diniego che ci ha privati della
possibilità di confrontarci con le esperienze di lotta del continente
africano.
La polizia della “democratica”
Francia ha impedito il rassemblement davanti all'ambasciata, fermando e
identificando tutti coloro che si avvicinavano al luogo, e rispondendo a
chi chiedeva spiegazioni, un categorico: “ve ne dovete andare, non vi
vogliamo vedere qui!”.
Proprio le recenti insorgenze
maghrebine hanno caratterizzato in maniera forte la 3 giorni di
appuntamenti. Grande attenzione e partecipazione da parte dell'intera
assemblea è stata dimostrata per l'intervento di una ragazza tunisina,
da quattro mesi a Parigi per studio. Con poche, emozionati parole è
stata capace di far capire quanto è successo e sta succedendo in un
paese in cui la rivoluzione c'è stata davvero e in cui ora il problema
resta quello di mantenere la porzione di potere conquistata. Ne è
seguita, provvidenziale quanto inattesa, la notizia delle dimissioni di
Mubarak, accolta da un boato di entusiasmo generale.
Molto interessanti una serie di
interventi che misuravano le distanze – ma anche i punti comuni,
ostinatamente ricercati e discussi dai partecipanti alle assemblee, ai
tavoli di lavoro e ai workshops – tra le differenti esperienze
geografico-nazionali. Dalle testimonianze di studenti statunitensi e
giapponesi, dove il fenomeno dell'indebitamento individuale con
l'istituzione accademica è sviluppato al grado più alto - imponendo anni
di disciplinamento produttivo-politico dello studente come forza-lavoro
addestrata alla precarietà - alle incoraggianti esperienze inglesi di
mobilitazione, ora entrate in una nuova ed incoraggiante fase di
rilancio del movimento. Per arrivare alle preziose testimonianze di una
studentessa ucraina che ha spiegato la paura del governo per i nuovi, e
fino a poco fa inediti, fermenti studenteschi e alla descrizione della
strana natura “ibrida” del sistema turco, dove l'applicazione pedissequa
del 'Processo di Bologna' si accompagna a forme di imposizione e
comando più tipiche delle esperienze statuali centro-asiatiche.
Sabato mattina l'assemblea si è
divisa in tre tavoli di analisi, confronto e proposta su temi centrali
del rapporto tra università, lotte del e sul sapere e il più generale
scontro di classe delineato dalla crisi globale: 1- le trasformazioni
dell'università; 2- le esperienze di auto-formazione, street school e
self-education; 3 -le pratiche di rssistenza alla crisi e la costruzione
di un nuovo 'commonfare'.
Relazioni dei singoli tavoli,
arricchiti dalla proliferazione pomeridiana di numerosi e più specifici
workshops, vedrannonla luce nei prossimi giorni sul sito di Edu-factory.
La tre giorni di confronto e
discussione ha già individuato momenti di passaggio importanti, su cui
iniziare a lavorare fin da domani: una giornata europea di proteste e
azioni contro l'austerità per i prossimi 25/26 marzo – in contemporanea
con la giornata di mobilitazione delle facoltà inglesi -, la costruzione
di un meeting per i primi di giugno a Londra e soprattutto la
preparazione di un meeting euro-mediterraneo -da effettuarsi a Tunisi
-di incontro e scambio con gli studenti tunisini che hanno partecipato
alla rivoluzione che ha abbattuto la dittatura di Ben Alì. Nella
convinzione che le sollevazioni che hanno attraversato il Maghreb ci
riguardino molto più da vicino di quanto non pensino – per incapacità,
ignoranza o semplice paura, i governi dell'Europa della crisi. Perché,
come ha commentato uno dei tanti interventi dell'assemblea plenaria di
chiusura del meeting “la nuova Europa comincia dalle rivoluzioni del
Maghreb!”.