Una generazione di giovani lavoratori di provincia alla ricerca di nuovi spazi di aggregazione, il rifiuto dello sfruttamento selvaggio delle industrie, un’innovativa esperienza di ricomposizione politica del proletariato giovanile, autonoma e orfana di ideologie partitiche a cui ricondurla, entro cui arginarla e ammansirla.
Sono questi i cardini del “racconto corale” di Sergio Bianchi, narrazione poliedrica di un ventennio di trasformazioni e stravolgimenti sociali di quel milanese dei figli di nessuno, protagonisti della concretizzazione del proprio bisogno radicale di rivolta esistenziale in un movimento autonomo attento ad un vasto ventaglio di necessità della propria generazione, ma al tempo stesso saldamente concentrato sulla figura dell’operaio, su una progettualità ineditamente incentrata sulla liberazione DAL lavoro e non DEL LAVORO.
Un avvicendarsi di vittorie e di sconfitte, di percorsi collettivi e smarrimenti individuali che, ripercorrendo i passaggi fondamentali della storia dell’autonomia nella trasformazione radicale della sua soggettività di classe, lascia aperto, nella sua conclusione, il nodo di passaggio all’operaio sociale, all’autonomia dell’oggi, alle possibilità dell’espressione politica delle necessità della soggettività attuale.
È proprio da questo nodo irrisolto che nasce la proposta di costruzione di questo momento di dibattito. In quanto Collettivo Universitario Autonomo riteniamo interessante partire da “Figli di nessuno” per aprire una discussione approfondita su cosa possa significare essere parte di quella stessa fascia generazionale protagonista del testo, ripensata nelle condizioni politiche, sociali e soggettive attuali, senz’altro differenti, completamente trasformate e nettamente specifiche del nostro momento storico.
Seppur consapevoli dell’esistenza di alcuni punti fondamentali accomunanti la soggettività giovanile descritta da Bianchi nelle sue trasformazioni nel tempo e la composizione che quotidianamente incrociamo nelle nostre lotte, in realtà non è nel nostro interesse creare un parallelismo forzato tra i giovani protagonisti del suddetto racconto e la composizione giovanile attuale. Ciò che ci interessa è sfruttare “I figli di nessuno” e la discussione con il suo autore come narrazione di una storia da ripercorrere e comprendere in quanto eredità, per andare a cogliere delle indicazioni importanti per l’analisi, la comprensione e una nuova efficace espressione di quei bisogni che possono stare alla base di un agire politico autonomo dell’attuale composizione proletaria giovanile.
Cosa significa ad oggi essere figli di nessuno? Cosa comporta nell’organizzazione di un movimento giovanile autonomo l’attuale trasformazione del nostro tempo libero in tempo del lavoro? Cosa significa per un giovane d’oggi far parte di un progetto destinato ad andare a rompere le imposizioni che ogni giorno segnano la sua esistenza? Cosa può comportare nella nostra quotidianità la ricerca di nuovi spazi di espressione collettiva?