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Un punto di vista antagonista
sulla misura del diritto del diritto allo studio e la sua
ridiscussione nella regione delle garanzie anomale.
Da
quest’anno per il DSU toscano è previsto l’innalzamento
dell’indicatore Isee da € 18.000 a 19.000 per la borsa di studio
e da € 20.000 ad € 22.000 per la borsa servizi. Un segnale in
controtendenza rispetto al quadro nazionale del diritto allo studio.
L'eccezione, sembrerebbe.
Ma
nessuna risposta viene fornita e migliaia di studenti esclusi si
troveranno a dover resistere nella giungla degli affitti e del
mercato del lavoro precario in città. Dei 1523 posti letto
complessivi, 1112 ospitano studenti che hanno confermato la borsa di
studio. Dalle nuove graduatorie gli idonei risultano 3064, questo
significa che più di 1500 studenti idonei di posto alloggio che non
vedranno mai la casa dello studente e che saranno costretti a
indebitarsi o a rinunciare a studiare, o peggio a tornare a casa.
Il
cosiddetto “decreto del fare” del governo Letta sposta al
finanziamento del diritto allo studio parte delle risorse della quota
premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario agli atenei pubblici.
Il provvedimento palesa un corto circuito che riflette
l'ineffettualità dell'ipotesi riformistica in questa fase di crisi.
Infatti in questo gioco delle tre carte gli atenei a caccia delle
briciole delle redistribuzione premiale dell' FFO aumentano la
propria competitività stabilendo regimi di disciplina di studio
sempre più rigida oltre che povera per gli studenti, questa genera
un'espulsione diffusa dai benefici del diritto allo studio su base
meritocratica, perciò, allo stesso tempo, questo restringimento si
avvita nel disinvestimento sulla qualità degli atenei. La domanda è
allora: accedere a quale
diritto allo studio?
L'incrocio
tra crisi dei saperi e reddito diventa politicamente la scommessa di
ridiscutere la natura della misura del diritto allo studio partendo
da una medietà dei comportamenti che faccia emergere una
soggettività le cui aspettative sono tradite e i bisogni negati.
Riscattare questa condizione collettiva significa far saltare la
misura stessa del diritto allo studio come cifra
dei comportamenti compatibili,
siano quelli rassegnati di chi viene escluso dalle graduatorie, o
quelli senza pretese di chi invece rientra nelle tutele e si
accontenta di non chiedere oltre. Di non chiedere ciò che è degno.
Dunque
piuttosto che puntare a un allargamento della misura del diritto allo
studio è necessario farla saltare questa misura cogliendo una comune
condizione di spossessamento per organizzare necessità collettive e
le pratiche di riappropriazione adeguate. Bisogna fissare noi, a
partire dalle esigenze che esprimiamo a fronte di un bisogno di
formazione ricca, i nostri parametri del diritto allo studio. Perché
poi all'oggi, al di là delle legittime ma deboli battaglie del
sindacalismo studentesco, chi definisce la misura del diritto allo
studio definisce anche la qualità dello studio o meglio, del
complesso dei codici dello stare all'università e di cosa con questa
accettare.
Questa
governance dell'austerity declina come austeri in primo luogo i
comportamenti sociali di chi beneficia degli scampoli di stato
sociale con l'ingiunzione a non pretendere di più. Scommettere
sull'elemento del conflitto come motore dell'attivazione e della
trasformazione collettiva significa allora opporre all'impoverimento
la ricchezza sociale e le possibilità di cui quotidianamente veniamo
espropriati. Significa rintracciare bisogni comuni e su questi
organizzare una loro espressione andando a riconquistarci reddito
invertendo nel verso della riappropriazione collettiva i flussi di
accumulo della rendita che in questa città fanno schizzare gli
affitti alle stelle e offrono alla speculazione privata il patrimonio
immobiliare pubblico. Partiamo da questo perché anche quest'anno
a
metà ottobre, con le nuove graduatorie, in
tanti perderanno la borsa di studio e saranno costretti a lasciare la
casa dello studente. Tante matricole aspetteranno per un tempo
indeterminato l'alloggio, che verrà assegnato in tempi biblici e
saranno costrette ad indebitarsi e far tirare la cinghia alle loro
famiglie. Questo non possiamo accettarlo, ma la possibilità della
conquista passerà non per il calcolo dell'ISEE al C.A.F ma per
l'idoneità alla lotta e al nostro desiderio di sottrarci alla rapina
e praticare la vendetta.
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