Di una contraddizione ancora aperta e di un processo non ancora iniziato
Prendendo il caffé al bar questa mattina sulla prima pagina del Tirreno abbiamo trovato qualcosa che ci riguarda. Nella cronaca cittadina una pagina intera a firma Neri viene dedicata a una notizia-non-notizia. Si parla infatti di un processo non ancora iniziato, quello riguardante diversi studenti e studentesse di UNIPI sotto accusa per aver occupato da aprile 2013 all'agosto 2014 Palazzo Feroci, un immobile nei piani di alienazione dell'università in via della Faggiola trasformato per un anno e mezzo in studentato autogestito - Spot - contro la mancanza di posti alloggio del DSU e il caro-affitti. Giusto ieri eravamo stati informati del rinvio a settembre del primo dibattimento del processo. Sorpresi dalla dubbia notiziabilità del fatto, cogliamo l'occasione per rimarcare quanto nell'articolo non può non essere menzionato e che rappresenta l'autentica storia attorno alla quale un processo viene imbastito e, come dicono i saggi (?), la giustizia farà il suo corso. Ma questo è un aspetto che riteniamo rilevante solo marginalmente.
Innanzitutto a due anni dallo sgombero di Spot, Palazzo Feroci si trova ancora vuoto. Anche con l'occupazione di Spot vennero contestate le scelte dell'amministrazione Augello, tutte orientate a riordinare il tetris del patrimonio immobiliare d'ateneo per fare cassa in funzione di investimenti, atti a valorizzare il marchio Unipi ma di dubbia utilità per gli studenti e la stragrande maggioranza di quanti fanno muovere questa macchina complessa. Pensiamo allo scandalo delle Benedettine, acquisito per svariati milioni dall'immobiliarista Madonna sui lungarni per fare una foresteria di lusso per visiting professor. Detto in inglese non fa più Oxford: le Benedettine restano tuttora un albergo a uso turistico finanziato dall'Ateneo e gestito da una cooperativa “creativa” sulla quale lo stesso Tirreno, in tempi non sospetti, scrisse di un'attività in odor di truffa.
Le scelte di Augello ricadono ora sul nuovo investito alla guida di UniPi, Mancarella. Ma, per non sovrastimare l'operato del suo paternalistico predecessore, sappiamo bene quanto le scelte di Augello appartengano a una traiettoria di governance delle risorse che Mancarella, in una maniera o nell'altra, dovrà raccogliere, interpretare e, a sua volta, amministrare. Ciò rimette al centro le contraddizioni che già con l'occupazione di Spot delineavano precisi campi contrapposti e che, non a caso sono riemersi nell'ultimo autunno e torneranno a riemergere. Da un lato un sistema di valorizzazione delle risorse pubbliche orientato verso l'alto e scaricato, sul versante opposto, un aumento dei costi della vita studentesca e di riduzione dell'accesso al diritto allo studio.
L'articolo di Mario Neri non rinuncia a mettere in rapporto la vicenda di Palazzo Feroci con quella dell'ex Gea, sulla cui occupazione un altro processo si aprirà a breve. E' una giusta correlazione. L'ex polo didattico di scienze per la pace venne occupato lo scorso autunno nel contesto delle mobilitazioni contro l'aumento dei parametri ISEE. Davanti alla conferma di un meccanismo di sottrazione di risorse a imbuto dove strutturalmente si innalza la tassazione e l'esclusione dai servizi DSU, una mobilitazione significativa decise di riprendersi uno spazio destinato all'ennesima operazione speculativa: la vendita delle aule al gruppo Madonna, lo stesso dal quale UniPi acquisì le Benedettine, per la costruzione di appartamenti privati a ridosso delle mura storiche pisane. Come in tutte la faccende di merda che, come si sa, più si smuove più puzza, anche a ficcare il naso tra gli interessi di UniPi vien fuori il marcio: fu il rinvenimento di un deposito di libri nascosti della casa editrice il cui revisore dei conti è un rampollo della famiglia Madonna a provocare lo sgombero a mano armata degli studenti da parte della polizia.
Attaccare questa contraddizione resta una priorità all'ordine del giorno, come lo fu durante la mobilitazione contro l'ISEE. Attaccarla e incalzarla anche contro chi continua a credere che esista una contrattazione possibile senza smascherare gli interessi corrotti che governano i processi di predazione delle risorse: nonostante la rappresentanza studentesca abbia lamentato a più riprese come “non c'è più tempo per aspettare”, a noi il tempo pare scaduto da mo'! Fossabanda, ad esempio, altro immobile al centro delle rivendicazioni studentesche per maggiori alloggi, resta ancora chiuso in attesa di migliori acquirenti.
Processi o no, ci sono venti che soffieranno sempre!