Nella mattinata di oggi
in aula 2 a Palazzo Ricci di nuovo ci siamo incontrati come studenti
e studentesse per continuare, come annunciato martedì dopo
l'interruzione del consiglio di dipartimento, la nostra lotta per non
far sopprimere l'appello di dicembre a Civiltà e Forme del Sapere e
per ripristinarlo a Filologia Linguistica e Letteratura.
L'assemblea, convocata in
forma aperta, ha visto la partecipazione anche di alcuni docenti, tra
i quali il direttore di dipartimento Polsi.
Le contraddizioni interne
ai docenti si sono accentuate. La stessa scelta del Polsi di
partecipare all'assemblea e di non procedere, come pure minacciato,
per decreto d'urgenza, testimonia che qualcosa inizia a smuoversi e
che le pressioni che abbiamo esercitato in queste settimane di
mobilitazione iniziano a pesare.
Eppure, il “partito
della soppressione dell'appello” capeggiato dal Polsi non riesce ad
argomentare nel merito delle ragioni relative alla scelta di
strapparci un appello. Si appellano a una posticcia premura per la
“qualità della didattica”, risolvendo questa nella semplice
volontà di non sovrapporre la parte finale dei corsi del primo
semestre con l'appello di dicembre – fatto comunque fuori questione
per la diminuzione nel nuovo regolamento didattico d'ateneo del
numero di ore di lezione frontale per CFU, la quale porterà i corsi
da 84 a 72 ore, facendo così finire i corsi una settimana prima e
non facendoli così sovrapporre al periodo riservato all'appello
d'esame di dicembre. Tutto questo sembra fondarsi solo su calcoli
sulla produttività della didattica, della ricerca e dei nostri tempi
di studio al fine di rendere
“attrattivo” il
nostro ateneo, la facoltà e il dipartimento. Un ragionare
fondato su una tecnicità che opera sempre contro di noi in questa
fase di attuazione delle riforme e della messa a regime delle nuove
strutture di dipartimento.