venerdì 11 dicembre 2015

Proteste VQR: perché non sia solo una questione di portafoglio


Per tutto l’autunno si sono susseguite sulle pagine dei giornali le vicende di alcuni professori associati e ricercatori mobilitati contro la Valutazione Qualità della Ricerca in vigore dal 2011 dopo l’approvazione della riforma Gelmini. La valutazione riguarda professori ordinari e associati, ricercatori e assistenti universitari, ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca vigilati dal Ministero. In questo meccanismo sono i soggetti valutati che propongono le pubblicazioni (tre per i professori ed i ricercatori, sei per i ricercatori degli enti di ricerca) di cui ne vengono scelte tre.

Il metodo di valutazione delle VQR coniuga quello bibliometrico (citazioni del prodotto di ricerca e del fattore d’impatto della rivista ospitante) con il peer review, ossia la “revisione paritaria” in cui una commissione esterna esprime delle valutazioni anonime sui lavori di ricerca proposti. Il dibattito sui costi e l’attendibilità di questo metodo è tutt’ora in corso.
Dopo anni di tacita accezione di questi sistemi valutativi, altrimenti detti meritocratici, in tutti gli atenei della penisola e delle isole si propone un rifiuto ed un boicottaggio dei VQR.
Oramai non è questione ideologica affermare che le riforme Gelmini hanno distrutto le università, è un dato di fatto. La valutazione e la meritocrazia sono armi utilizzate contro gli studenti ed i professori che hanno interesse al loro ruolo pedagogico. In una mozione approvata si legge: “La didattica è stata marginalizzata, gli incentivi sono stati concentrati sui prodotti della ricerca. Per chi aspira a “fare carriera” ogni ora trascorsa al servizio degli studenti appare come un’ora di tempo perso”. Le mozioni approvate da dipartimenti e/o organi di governo degli atenei si stanno moltiplicando.

È sotto gli occhi di tutti che la meritocrazia è stata utilizzata come cavallo di Troia per indirizzare le risorse verso gli atenei più rinomati, soprattutto del nord. Ma ora anche questi si ritrovano in una situazione di degrado che obbliga ad una continua guerra contro i più deboli atenei. Questa è l’azienda universitaria ed il sistema del libero mercato applicato al sistema formativo in cui ciò che importa è far laureare gli studenti il più in fretta possibile, cercando di recuperare più soldi possibili nonostante i pochi servizi offerti.

L’ “eccellenza” sta arrivando ad un giro di boa. La retorica costruita dai governi e propagandata dai sistemi mediatici scricchiola di fronte alla realtà che ogni studente e professore si trova davanti.
In questo sistema l’obiettivo è formare dei giovani alle nozioni minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro evitando ogni approccio critico alle discipline, al sapere e dunque alla visione della realtà circostante. In questa direzione vanno le dichiarazioni del ministro Poletti, della ministra Giannini e del presidente dell’INPS Boeri. Vogliono una generazione di giovani disposta a tutto perché senza prospettive e costretta ad un catastrofico presente.
Sta a chi vive le università e le scuole l’impegno di informare ed informarsi, comprendere, sfatare ed iniziare a boicottare in ogni aula ed in ogni esame la retorica che ci viene imposta. L’insoddisfazione per un’università che non è come la volevamo è un dato di fatto e di partenza per la quasi totalità degli iscritti. Molti di questi probabilmente vorrebbero un presente diverso, oltreché un futuro. Per costruircelo dobbiamo ripartire dai bisogni che abbiamo, dalla voglia di riscatto per una vita di sfruttamento e insoddisfazione che ci stanno preparando.


Sulle proteste VQR leggi anche: 


Sbloccate gli stipendi...ma blocchiamo questa università

 

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