lunedì 12 settembre 2016

L'università la vogliamo fare ma non così. Sui test d'ammissione e valutazione all'Università

L'UNIVERSITà LA VOGLIAMO FARE, MA NON COSì!
...SUI TEST D'AMMISSIONE E DI VALUTAZIONE

In questi giorni (in realtà già da luglio) molte aspiranti matricole si sottopongono a test di ammissione all'università. Per tutte le facoltà è previsto un test. 
Per quelle a numero chiuso e ad accesso programmato è necessario raggiungere un punteggio minimo che comunque non è sufficiente all'ammissione perché occorre rientrare in graduatoria, e il numero dei posti è limitato. La differenza tra numero chiuso e ad accesso programmato è praticamente inesistente. Nel primo caso le domande da somministrare le decide il singolo ateneo e la graduatoria non è nazionale, nel secondo invece a decidere è il ministero e la graduatoria è nazionale. 
Per quelle a numero aperto è previsto un test di valutazione, che in teoria non è vincolante ai fini dell'iscrizione al corso di laurea, in pratica lo è. Se non si raggiunge un risultato minimo in un determinato settore, si passa col cosiddetto "debito" che dovrà essere recuperato, pena l'impossibilità di sostenere esami, nonostante ci si sia regolarmente iscritti e con tanto di tasse pagate. I test, più o meno lunghi, sono organizzati in stile INVALSI. Domande a risposta multipla, conoscenze nozionistiche che riguardano collateralmente la capacità o meno di studiare o la nostra voglia di farlo. Come nelle scuole superiori, ed elementari, il modello di insegnamento e apprendimento imposto è questo. Non solo per i test iniziali, ma per tutto il percorso formativo. Un tentativo di uniformazione al mondo anglo-americano in via di fallimento, e con ben altra tradizione scolastica. Come se la banalizzazione e la standardizzazione dello studio non bastasse, aumentano a dismisura i costi per potervi accedere. 
La qualità diminuisce, i costi esplodono. Con la riforma dell'isee siamo tutti più ricchi anche se il reddito è lo stesso, gli alloggi del diritto allo studio sono cronicamente insufficienti e soprattutto chi non ne ha il diritto non ha nessuna agevolazione universitaria. L'università è diventata una macchina per la misurazione centellinata e asettica del “sapere”, un sistema in cui non bisogna pensare e capire ma imparare senza farsi troppe domande. Abbiamo accettato di farla comunque, ognuno per motivazioni diverse, investendoci soldi (tanti) per costruirci un futuro che ci viene negato. Tante le promesse tradite. Anche se ci ripetiamo la favola "se ti impegni nello studio, troverai un buon lavoro", è sempre più difficile crederci. Dopo la triennale, ci aspettano altre mille specializzazioni che affronteremo sempre con la speranza di un futuro migliore. Ma quando arriva questo futuro? L'università la vogliamo fare, ma non così! Non a queste condizioni. L'alternativa c'è e possiamo costruirla iniziando a dire NO.



Collettivo.Universitario.Autonomo – Aula master, palazzo Ricci (via Santa Maria)


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