mercoledì 25 febbraio 2015

Antropologia politica e comunicativa dell'Isis. Report e audio dell'incontro con Silvano Cacciari



Affrontare l'argomento Isis senza cadere in fuorvianti retoriche di scontro di civiltà è un esercizio necessario ma complesso. A partire dallo scritto di Silvano Cacciari “Crocifissioni con lo smartphone” si può iniziare una decostruzione della rappresentazione simbolica della minaccia Isis. Per meglio comprendere questa decostruzione fissiamo degli elementi di cornice sistemica.

1. Seguendo Giovanni Arrighi e i suoi tre scenari ipotetici tratteggiati come sviluppo della crisi del ciclo di accumulazione del capitalismo finanziarizzato (prolungamento dell'egemonia americana e dei vecchi centri di potere in una crisi della capacità espansiva, il costituirsi di una società di mercato mondiale avente come perno l'Asia, e la dissoluzione dell'ordine capitalistico in una caos permanente) il terzo, nella forma di “un ritorno stabile al caos sistemico”, sembra essere quello maggiormente accostabile al decorso della contemporaneità. A questo si associa la trasformazione della forma Stato come sede principale del potere mondiale.
2. Il ritorno della Guerra come possibile strumento di risoluzione – o meglio di gestione – della crisi capitalistica. La natura della guerra assume i caratteri della guerra diffusa, permanente e asimmetrica, oltre la dimensione dei conflitti tra stati-nazione e attraversata da profonde direttrici di crisi degli equilibri geopolitici, crisi economico finanziaria e crisi sociale.


Alla storica guerra guerreggiata si affianca la guerra finanziaria, questi due tipi di conflitto non sono paralleli ma percorrono vie diverse. Nella comprensione del fenomeno Isis è centrale una riflessione sull'antropologia della moneta utilizzata come strumento di controllo sociale e convertibilità. Una guerra a cui partecipano con entusiasmo i foreign fighters giovani delle metropoli occidentali. L'entusiasmo espresso da questi guerriglieri permette di notare quanto sia forte la costruzione di identità che Isis porta avanti grazie al rapporto tra aspettativa e promessa che in occidente è ormai crollato e che rappresenta il punto di rottura su cui Isis costruisce il proprio richiamo.

All'interno di questa cornice Isis viene a configurarsi come un esperimento contemporaneo sulle forme dello Stato oltre il paradigma della sovranità e come un fenomeno interno alla storia della civiltà capitalistica, facendo cadere ogni schema di presunto scontro tra civiltà. Isis è un fenomeno pienamente globalizzato, come si può notare dall'uso della comunicazione. Il linguaggio dei videogiochi riesce a comunicare politicamente ai giovani under venticinque estranei a qualsiasi prospettiva politica nelle metropoli in cui vivono. Non manca il linguaggio hollywoodiano della guerra, e twitter. L'efficacia di queste strategie comunicative è veicolata da un uso spregiudicato e avanguardistico delle tecnologie mediali e dei media center.

A questo punto rimangono aperte delle domande. La tenuta dello Stato Islamico è un progetto in grado di reggere alle pressioni finanziarie che uno stato welfaristico e patriarcale richiede? Quanto potrà emergere a livello comunicativo e politico l'alternativa rappresentata dal progetto di confederalismo democratico del Rojava? Quali le possibilità per noi di costruire una terzietà di campo di ragionamento e di posizionamento davanti a queste macro-dinamiche laddove anche il discorso di liberazione dall'oppressione viene assorbito dal codice jihadista?