venerdì 16 maggio 2014

Per un no intransigente al lavoro gratuito

Che fine ha fatto l'accordo sulla tutela volontaria dei beni culturali?
Sono quasi tre mesi che è stato firmato in Prefettura uno scellerato accordo sullo sfruttamento del lavoro volontario – non pagato – nella tutela dei Beni Culturali e Artistici della città di Pisa, colpendo un settore che, in un paese come l'Italia, dovrebbe essere tra le priorità in termini di valorizzazione, tutela e formazione di professionalità. Già da tempo la formazione nel settore è stata ridotta ad una farsa: corsi generalisti a causa degli accorpamenti e nozionismi da eruditi d'altri tempi. Adesso il lavoro stesso viene ridotto a passatempo per chi può permetterselo.

Giustamente vi è stato un moto d'indignazione trasversale per il contenuto (sfruttamento, dequalificazione, umiliazione professionale), la forma (illegale) e il modo (pressioni sui firmatari e procedure inconsuete, finanche nella scelta del luogo: la Prefettura). Una vertenza - apparentemente di competenza delle associazioni di categoria – si presta a essere grimaldello sociale utile a scoperchiare il vaso di Pandora dell'incompatibilità davanti a precarietà e lavoro gratuito.

Si parla infatti non solo di un accordo, ma soprattutto di un sistema fatto di precarietà, sfruttamento, reddito intermittente o non-reddito, incuria dei beni comuni. Un sistema che si è insinuato viscidamente nel senso comune – tramite la grande menzogna «Non ci sono soldi» - per poi “istituzionalizzarsi” violentemente a colpi di decreto con il pretesto dell'emergenza (emergenza ormai permanente e dunque di necessità non reale).


E allora cosa è successo in questi mesi e perché tutto sembra essersi fermato? Non c'è una risposta chiara ma una cosa è certa: le parole d'ordine sono cambiate. Non più reddito e dignità o soddisfazione professionale, ma legalità, compromesso, compatibilità. Un pezzo intermedio di governance – tra associazioni e corpo docente dalla vocazione democratica e inizialmente firmatario di una lettera di denuncia - si è tuffato a capofitto nelle pastoie legali e burocratiche. La vertenza è scivolata nella semplice istanza di “legalizzazione” di un accordo “fuori dalle regole” senza più contemplare la necessità di un progetto di opposizione alle tecniche di precarizzazione e svalorizzazione di professionalità tramite l'imposizione di lavoro gratuito.

Ma non basta: si cerca di “mantenere i buoni rapporti”, “non mettere in imbarazzo nessuno” tra Prefetto e assessori. Così “l'opposizione” si è fatta stampella della governance, rimediando ai suoi sbagli, garantendole lunga vita e prosperità. Naturalmente la controparte non si è lasciata sfuggire la ghiotta occasione: gli assessori Danti e Serfogli il 7 maggio con una lettera hanno rassicurato sul rispetto delle leggi lamentando – come al solito – che i fondi non bastano (ma evidentemente bastano per il People Mover e altre piccole grandi opere inutili).

Da parte nostra sappiamo che è necessaria una presa di parola collettiva di chi per primo è fatto oggetto di questi accordi: una nuova forza lavoro in formazione che vede sostituite dal lavoro volontario le competenze per le quali investe tempo, denaro, passione. L'accordo sulla tutela dei beni culturali è segnale di una tendenza di sistema contro la quale costruire primi argini e rigidità. È proprio di questi giorni il lancio da parte di Renzi del testo di discussione sulla riforma del terzo settore e della legislazione sul volontariato. Quest'iniziativa, già annunciata il 12 aprile a Lucca, parte dall'esigenza di programma di fondare una nuova welfare society che “in un quadro di vincoli di bilancio, dinanzi alle crescenti domande di protezione sociale, ha bisogno di adottare nuovi modelli di assistenza in cui l'azione pubblica possa essere affiancata in modo più incisivo dai soggetti operanti nel privato solidale”. Tradotto nell'ambito della spesa pubblica riservata alla tutela del patrimonio storico-artistico ciò significa l'assenza di qualsiasi garanzia di poter spendere e valorizzare entro i canali pubblici i percorsi formativi dedicati alla conservazione e tutela del patrimonio pubblico. Come ci hanno dimostrato i termini dall'accordo di intenti siglato a Pisa e come il Job Act insegna, l'abbraccio tra capitalismo e solidarietà auspicato dal rampante fiorentino non è senza prezzo e vorrebbe anzi stritolare nello sfruttamento del non lavoro una generazione in formazione.


Anche per questo... #civediamolundici