giovedì 3 aprile 2014

Futuri medici non si arrendono a un futuro sprecato


Di cosa ci parla la mobilitazione contro la riduzione delle specializzazioni

Alla vigilia delle immatricolazioni una delle facoltà più ambite è certamente quella di Medicina e Chirurgia, inizio di un percorso ampiamente pubblicizzato come sicuro ascensore sociale per chi è disposto a impegnarsi nella agguerrita competizione dei test di ingresso, in ritmi di studio e lavoro frenetici per periodi che facilmente vanno oltre i dieci anni, magari indebitandosi per pagare i costi sempre crescenti dello studio universitario (affitto, libri, trasporti etc.).
Tuttavia questo senso comune cade a pezzi di fronte alla realtà dei fatti: a causa della riduzione degli accessi alla specializzazione dei 10mila laureati annui meno della metà potranno accedere alle scuole di specializzazione e quindi ambire a lavorare nel SSN in un ospedale o come medico di medicina generale. Per tutti gli altri la prospettiva è quella di rimanere in un limbo più o meno lungo fatto di precarietà e contratti a termine o a chiamata.
Per questa ragione la Facoltà di Medicina a Pisa in questi giorni vede una attivazione anomala. Diverse decine di studenti e neolaureati sono scesi martedì in piazza per contestare la riduzione delle specializzazioni ed in particolare le scelte politiche che stanno dietro a questa riduzione.


Questi tagli alla formazione medica specialistica arrivano in un contesto in cui decine di migliaia di medici della vecchia generazione andranno in pensione, ma non saranno rimpiazzati per la mancanza di medici specializzati a causa della mancanza di posti e borse alle scuole di specializzazione. Tutto questo determinerà nel corso di alcuni anni una massiccia carenza di medici, preludio nei fatti ad uno scadimento di tutto il comparto sanitario pubblico, in nome di una "compressione della spesa pubblica" imposta dalle politiche di austerità dei recenti governi.
Questa aggressione generalizzata al diritto alla salute di tutti si traduce sulla vita dei futuri medici in una sconcertante e illogica programmazione dello spreco della formazione universitaria, in barba anche a qualsiasi logica meritocratica. Superare lo scoglio del numero chiuso non garantisce più alcuna certezza. Ecco alcuni dati: per il 2014 sono previsti circa 9000 accessi alle facoltà di medicina ma solo 3500 specializzazioni (qualche anno fa gli specializzandi arrivavano a 7000 su 10 mila accessi).
Analogamente a quanto già si verifica per il settore umanistico e il collocamento dei futuri insegnanti, anche per l'area medica lo Stato, rigettando la possibilità di riassorbire una forza lavoro altamente qualificata nel settore pubblico, configura l'università come una grossa macchina contro di noi funzionale a svalutare competenze costate care: reddito, sacrifici, impegno.
Queste scelte politiche non rispondono alla dura necessità imposta da una domanda limitata. La domanda sociale di salute è anzi per definizione illimitata ma le risorse finanziarie vengono impiegate in direzione diametralmente opposta: dai 400 milioni di euro di finanziamento ai policlinici privati della legge di stabilità ai miliardi di euro per i caccia F35 o per il TAV Torino-Lione. Si tratta dunque di dar forza a questa domanda contrastando la distruzione delle capacità per le quali ci formiamo. A partire dalla mobilitazione di questi giorni a Medicina e dalla partecipata manifestazione di martedì si tratta di allargare, magari già dall'assemblea d'Ateneo del 10 di aprile, una lotta per il riscatto di capacità e professionalità ad altri pezzi di università.

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