sabato 8 giugno 2013

Contro la soppressione dell'appello di dicembre nell'area umanistica



Basta attacchi all'autonomia dei nostri tempi di studio
L'ultimo consiglio di dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica ha deliberato di togliere l’appello d’esame di dicembre. La ragione? Sono abbastanza quelli che già ci sono. 
La responsabilità di questa scelta è tutta interna al corpo docente. Pur senza il coraggio di schierarsi apertamente, gli “accademici”, tra ingenuità e opportunismo, si fanno concreti interpreti dello “spirito di riforma” dell'università degli ultimi anni. Da un lato, infatti, radicalizzano, anche nell'amministrazione dei dipartimenti, le misure volte al dimagrimento dei servizi; dall'altro sempre più disertano gli impegni e le responsabilità connesse alla didattica interpretando il ruolo della docenza in università entro una dimensione privatistica dove ciò che conta è il progresso di una personale carriera accademica fatta di accreditamento presso l'istituzione attraverso la produzione e la valutazione di ricerca. Sparisce qualsiasi problematizzazione della dimensione collettiva del sapere e della formazione. Gli spazi della relazione pedagogico formativa in questa università vengono soppiantati dai meccanismi di istruzione e selezione dove ciò che maggiormente conta è la razionalizzazione dei tempi.
Allora, da parte di alcuni docenti, bisogna risparmiare sugli appelli, togliere tempo agli studenti per dedicarlo all'ultimo articolo richiesto come parametro per restare a galla o essere promossi.Non a caso alcuni professori in cda hanno anche tentato di limitare l’accesso all’appello d’aprile soltanto a fuori corso e studenti lavoratori. 
Ma togliendo l'appello di dicembre non diminuirà il numero di studenti presenti agli esami, anzi, lo stesso numero di studenti dovrà smistarsi su una quantità minore di date, intasando automaticamente gli appelli restanti, a meno che... a meno che ancora una volta l'obbiettivo di fondo con il moltiplicarsi degli sbarramenti non sia quello di levarci di mezzo proprio!
Infatti:
Quanti di noi finiranno fuori corso e dovranno continuare a pagare tasse salate dopo la restrizione dell'accesso agli appelli o dopo la loro soppressione?
Quanti di noi non matureranno i crediti necessari al mantenimento della borsa di studio a causa di queste misure di sbarramento?
L'attacco alla materialità delle nostre condizioni di studio si accompagna inevitabilmente allo scadimento complessivo del servizio. Assistiamo infatti a una vera e propria moria di indirizzi di studio e di insegnamenti e a una didattica giorno dopo giorno sempre più scadente che ci porta inevitabilmente ad abbandonare le aule di lezione. In tanti ci laureiamo da “non frequentanti” impegnati per tre o più anni in una continua caccia agli appunti. Bisogna reagire.

La proposta di sopprimere l'appello di dicembre arriverà nelle prossime settimane anche nel consiglio di dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere andando a colpire gli studenti di storia, filosofia, beni culturali, scienze per la pace e disco.
Organizziamoci per impedire che questo succeda e per ripristinare l'appello anche a lettere!